E' la strategia più comunemente consigliata all'investitore con un orizzonte superiore a cinque anni. Consiste nel ribilanciare periodicamente il portafoglio in modo che il peso delle varie componenti si mantenga costante nel tempo.
La strategia consiste nel mantenere il peso delle azioni e delle obbligazioni nel portafoglio costante nel tempo. Se in seguito al movimento dei prezzi il peso delle azioni sale rispetto al peso iniziale, queste vengono vendute fino a riportare al livello obiettivo il peso. e col ricavato vengono acquistate obbligazioni. Viceversa se il peso delle azioni scende. La strategia induce così a vendere quando il mercato azionario sale e a comprare quando il mercato scende.
La strategia serve a chi ha un orizzonte d'investimento sufficientemente lungo - oltre i cinque anni - da poter beneficiare della tendenza dei mercati a "tornare verso la media" (mean reversion). In questo caso vendere o comprare l'attività rischiosa quando il suo peso di discosta da quello obiettivo consente di realizzare profitti aggiuntivi a quelli di una strategia "buy & hold".
La strategia è interessante, indipendentemente dall'orizzonte temporale, in tutti i casi in cui l'investitore sia convinto dell'assenza di trend nel mercato.
Il rendimento della strategia è tanto superiore a quello della strategia passivo quanto maggiore è la volatilità del mercato e perciò è assimilata a una strategia di vendita di volatilita' o di opzioni.
La strategia ha lo scopo primario di mantenere costante il rischio di portafoglio, ma nel lungo termine beneficia della volatilità dell'attività rischiosa offrendo un "rebalancing premium", pari a circa metà della varianza dell'attività rischiosa.
Questo "rebalancing premium" non è ovviamente gratuito. Nel breve o medio periodo, ogni volta che si sia in presenza di un trend, positivo o negativo, la strategia fa peggio di una strategia "buy and hold".
Nel caso di un trend positivo i ribilanciamenti portano a vendere l'attività che cresce per riportarne il peso al livello strategico, con la conseguenza di un rendimento positivo inferiore.
Nel caso di un trend negativo i ribilanciamenti portano a comprare l'attività che diminuisce di valore, con la conseguenza di un rendimento negativo superiore in valore assoluto.
Questo produce il comportamento "concavo" dei pay off rispetto a quello lineare di una strategia buy and hold mostrato da Pérold e Sharpe nel loro articolo del 1988 (1).
La strategia ha un profilo assimilabile a quella di una vendita di opzioni call e put out of the money sulla componente più volatile del portafoglio, perché vendita e acquisto sistematico dell'attività rischiosa a livelli di prezzo determinati possono essere visti come l'esercizio da parte dei compratori delle call e delle put.
Dato che i trend di mercato e i costi di transazione possono ridurre i benefici della strategia, la letteratura ha cercato di stabilire sia i limiti di peso delle diverse asset class all'interno dei quali non effettuare un ribilanciamento, sia le frequenze ottimali (giornaliera, mensile, trimestrale...) dei ribilanciamenti.
Masters (2) ha proposto una semplice formula che ricava la differenza fra peso centrale e effettivo ("trigger point") sufficiente a determinare il ribilanciamento come rapporto fra il prodotto della tolleranza al rischio dell'investitore e dei costi di transazione e la varianza del portafoglio.
Una simulazione svolta nel periodo 1926-2009 sul mercato americano conclude che un ribilanciamento fatto con frequenza semestrale o annuale e in presenza di scostamenti dal benchmark superiori al 5% è sufficiente per ottenere i benefici della strategia "constant mix" (3)
(1) Pérold, Sharpe (1988) "Dynamic portfolio strategies", Financial Analyst Journal, January - February 1988
(2) Masters (2003) "Rebalancing", Journal of Portfolio Management, Spring 2003
(3) Jaconetti, Kinniry, Zilberg (2010) "Best practices for portfolio rebalancing", Vanguard Research
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