Queste strategie hanno lo scopo di consolidare il risultato raggiunto nel corso del periodo di investimento. La prima elimina il concetto di floor a scadenza, e si limita proteggere una percentuale determinata del valore massimo raggiunto dal portafoglio in ogni momento. Per questo è chiamata "time invariant". Il fatto di ridurre progressivamente l'esposizione all'azionario in presenza di rendimenti positivi riduce la convessità della strategia. La seconda è identica a una CPPI con la differenza che il floor viene incrementato ad ogni data di valutazione utilizzando un tasso che è pari alla media ponderata del rendimento atteso delle azioni per il peso delle azioni e del tasso senza rischio a breve simulato. L'obiettivo è di avere un floor che si incrementa in misura tale da tenere conto del rischio assunto detenendo azioni. Nel breve periodo la simulazione è pressoché identica alla CPPI a floor costante, ma su un orizzonte superiore a 2 anni consente di ottenere almeno la garanzia di preservare un incremento di patrimonio proporzionale all'esposizione al rischio assunta. La gradualità della crescita del floor riduce la convessità della strategia CPPI ma non in modo così pronunciato come per la strategia TIPP vera e propria.
La strategia è una CPPI con maggiore flessibilità perché può essere messa in atto senza un orizzonte temporale definito e consente di proteggere in modo dinamico i risultati realizzati. Queste due esigenze si presentano sia in contesti di gestione del risparmio personale, sia in contesti istituzionali, dove spesso la gestione temporale e contabile del risultato sono importanti come la dimensione stessa del rendimento.
La strategia fu proposta per la prima volta da Tony Estep e Mark Kritzman nel 1988 (1), osservando il comportamento deludente delle strategie CPPI, nelle quali il floor cresce al tasso di rendimento privo di rischio, nel corso del 1987. In quell'anno il mercato l'indice S&P 500 subì il crollo di oltre il 20% nel cosiddetto "lunedì nero" (19 ottobre) e concluse l'anno 26% al disotto dei massimi raggiunti a giugno, ma comunque in territorio positivo (+2%). Chi avesse seguito una semplice strategia CPPI non avrebbe protetto il rialzo della prima parte dell'anno perché il livello di protezione era determinato dal floor che cresceva a un tasso pari a circa il 5,75%). Estep e Kritzman propongono perciò un floor pari nel tempo al maggiore fra il suo valore precedente e una percentuale fissata del portafoglio. Nei due decenni 1928-1937 e 1977-1987 la strategia avrebbe avuto risultati diversi. Nel primo avrebbe avuto un rendimento pari al 4,5% annuo superiore a quello dell'indice di borsa. Nel secondo periodo, poiché non c'è stato nessun crollo di borsa a parte il 1987 (poi in parte rientrato) la strategia avrebbe avuto un costo (in termini di minor rendimento rispetto a una posizione passiva sull'indice) di circa 1,7% all'anno. La diversità dei due risultati mette in luce la dipendenza del costo di questa come di tutte le altre strategie dal periodo di analisi considerato: il primo, un crollo prolungato dei mercati, il secondo un rialzo decennale. Ma il secondo risultato è perfettamente coerente con l'attesa che un'assicurazione abbia un costo. Ma, come osservano Estep e Kritzman, il costo è molto inferiore a quello di un acquisto sistematico di opzioni put. Da una recente verifica empirica della strategia compiuta da Dichtl, Drobetz e Wambach (2) nel periodo 1980-2011 su rendimenti giornalieri dell'indice DAX, emerge una leggera superiorità della strategia TIPP rispetto alla CPPI.
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